19 aprile 2016 - La Conferenza Annuale

Apertura dei lavori

Prof. Andrea Sironi, Rettore dell’Università Bocconi

Relatori

Prof. Lorenzo Bini Smaghi, L’Unione bancaria europea: ieri, oggi, domani
Prof. Mario Monti, Le principali sfide per il futuro dell’Europa

Lorenzo Bini Smaghi

Presidente del Consiglio di Amministrazione di Société Générale e Presidente di Snam, ha iniziato la sua carriera nel 1983 come economista al Servizio Studi della Banca d’Italia. Nel 1994 è stato nominato a dirigere la Policy Division dell’Istituto Monetario Europeo. Nell’ottobre 1998 è diventato Dirigente Generale per le relazioni finanziarie internazionali del Ministero dell’Economia e delle Finanze.

È stato Presidente di SACE e membro dei consigli di amministrazione di Finmeccanica, MTS e della Banca Europea degli Investimenti. Dal giugno 2005 al dicembre 2011 è stato membro del Comitato esecutivo della Banca centrale europea, e in particolare membro dei supplenti del G7 e del G20 per l’area euro. Autore di vari articoli e libri su tematiche monetarie e finanziarie, internazionali ed europee, ha recentemente pubblicato per Il Mulino Morire di austerità. Democrazie europee con le spalle al muro (2013) e 33 false verità sull’Europa (2014).

Laureato in Scienze economiche all’Université Catholique de Louvain, ha conseguito un master alla University of Southern California e un PhD alla University of Chicago. Visiting Scholar al Weatherhead Center for International Affairs di Harvard e all’Istituto Affari Internazionali, presiede la Fondazione Palazzo Strozzi a Firenze e l’Associazione italiana degli Alumni of the University of Chicago.

Mario Monti

Presidente dell’Università Bocconi. Dal febbraio 2014 è Presidente dello High-level Group on Own Resources dell’Unione europea. È stato Presidente del Consiglio dei Ministri (da novembre 2011 ad aprile 2013) e Ministro dell’Economia e delle Finanze (da novembre 2011 a luglio 2012).

Nel novembre 2011 è stato nominato Senatore a vita dall’allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Da maggio 2014 è membro della Académie des Sciences Morales et Politiques. Fa parte del Council on the Future of Europe del Berggruen Institute on Governance ed è Presidente Onorario di Bruegel, think-tank europeo di politica economica da lui fondato nel 2005. È stato per dieci anni membro della Commissione europea, responsabile del Mercato unico, servizi finanziari e fiscalità (1995-1999) e della Concorrenza (1999-2004). È autore del rapporto al Presidente della Commissione europea su Una nuova strategia per il mercato unico (maggio 2010).

Nelle sue pubblicazioni si è occupato prevalentemente di economia monetaria e finanziaria, finanza pubblica, politica della concorrenza e della dimensione politica ed economica dell’integrazione europea.

Nato a Varese nel 1943, Mario Monti si è laureato in Economia e Commercio alla Bocconi e ha svolto studi di perfezionamento alla Yale University.

Prima dell’incarico alla Commissione europea è stato professore di Economia e Rettore all’Università Bocconi.

Sintesi dell’intervento di Lorenzo Bini Smaghi

L’Unione bancaria europea rappresenta un esempio tipico  di integrazione europea: arriva con ritardo, procede con accelerazioni impreviste; rimane incompleta e richiede ulteriori progressi per il suo completamento, che non saranno semplici da realizzare nell’attuale contesto.

L’Unione bancaria arriva con almeno 15 anni di ritardo. In effetti dal punto di vista teorico non aveva molto senso realizzare una unione monetaria e una integrazione dei mercati finanziari, come quella che si era sviluppata con l’avvio del mercato interno, senza uniformare il quadro di vigilanza e di regolamentazione del sistema bancario europeo.

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L’Unione bancaria rappresenta un esempio tipico di integrazione europea: arriva con ritardo; procede con accelerazioni impreviste; rimane incompleta e richiede ulteriori progressi per il suo completamento, che non saranno semplici da realizzare nell’attuale contesto.

L’Unione bancaria arriva con almeno quindici anni di ritardo. In effetti, dal punto di vista teorico non aveva molto senso realizzare una unione monetaria e una integrazione dei mercati finanziari, come quella che si era sviluppata con l’avvio del mercato interno, senza uniformare il quadro di vigilanza e di regolamentazione del sistema bancario europeo. Quest’ultimo rappresenta non solo il pilastro del mercato finanziario, dato lo stato molto meno sviluppato del mercato dei capitali rispetto ad esempio agli Stati Uniti, ma anche il principale meccanismo di trasmissione della politica monetaria. Come si può pensare di adottare una moneta unica senza una regolamentazione e una vigilanza bancaria integrata? Non erano in pochi a porsi la domanda all’avvio dell’unione monetaria. Sono stati effettuati vari studi in proposito, a livello accademico e nell’ambito di gruppi di lavoro tra i rappresentanti dei vari Paesi europei. La risposta alla domanda è stata coerente con la storia dell’integrazione europea: non è possibile dimostrare che c’è bisogno di più Europa fin quando non se ne percepisce in modo evidente la mancanza. E questo avviene solo durante una crisi.

Ci sono volute le crisi valutarie degli anni Settanta e Ottanta per dimostrare a elettori ed esponenti politici ciò che era ben noto nella letteratura economica, ossia che non è possibile assicurare la stabilità monetaria in un’area pienamente integrata senza unificare i poteri di politica monetaria in un’unica banca centrale. Tuttavia, non vi erano state crisi bancarie tali, nel corso degli anni Novanta, da convincere le istituzioni nazionali che insieme alla moneta unica bisognava conferire alle istituzioni europee anche il potere di vigilare sul sistema bancario dei vari Paesi. I lavori svolti in varie sedi tendevano a favorire lo status quo o a promuovere un rafforzamento della cooperazione tra le istituzioni nazionali, nell’ambito di meccanismi europei dove comunque prevaleva il principio dell’unanimità, che consentiva a ciascuno di bloccare eventuali decisioni.

Fin quando l’assetto vigente funziona, perché cambiarlo? Come chiedere alle istituzioni nazionali, in primis le banche centrali che erano appena state private del potere monetario, di privarsi anche di quello della vigilanza? In fin dei conti, è proprio il principio di sussidiarietà a cui si è ispirato per anni il processo di integrazione europeo a suggerire di accentrare a livello europeo solo quei poteri che in tutta evidenza si dimostrano meno efficaci se svolti al livello nazionale. E quale evidenza più convincente di una crisi? Si è così dovuto aspettare la crisi del 2011-12 per convincere i capi di stato e di governo europei a creare l’Unione bancaria, entrata in vigore nell’autunno del 2014. L’Unione bancaria è composta da tre pilastri, il primo dei quali – il sistema di vigilanza unica presso la BCE – è entrato pienamente in vigore.

Il secondo, rappresentato da un meccanismo di risoluzione, è stato realizzato solo in parte in quanto il suo finanziamento richiede otto anni per essere completato.

Il terzo – un sistema di assicurazione europea dei depositi – non è stato ancora messo in atto e non c’è ancora un accordo sui tempi e sulla modalità di realizzazione.

Il funzionamento del primo pilastro va valutato in funzione degli obiettivi che gli sono stati dati, che sono principalmente due: la stabilità e l’integrazione del sistema bancario europeo. Non c’è alcun riferimento all’efficienza del sistema bancario né alla sua funzione di sostegno dell’economia europea, una lacuna grave.

È ancora presto per valutare il raggiungimento degli obiettivi. Sicuramente la messa in atto di un sistema uniforme di vigilanza è un importante passo avanti per promuovere un mercato europeo più integrato. D’altra parte, non si sono per ora visti progressi significativi verso una maggior integrazione transfrontaliera del sistema bancario. Al contrario, sembra emergere una tendenza verso un’ulteriore frammentazione e i processi di concentrazione si svolgono principalmente all’interno dei singoli Paesi. Questo è il risultato di numerosi fattori, inclusi gli inasprimenti regolamentari che tendono a penalizzare maggiormente, dal punto di vista dei requisiti patrimoniali, le attività di mercato o i rischi operativi e le complessità organizzative, rispetto ai rischi di concentrazione dell’attività bancaria sul mercato locale. Peraltro, in un contesto di crescita economica contenuta, di tassi d’interesse bassi, di bilanci in alcuni casi ancora gravati da sofferenze pregresse, di erosione dei margini da parte di concorrenti non regolamentati, inclusi quelli extraeuropei, di necessità di investimenti crescenti per far fronte all’innovazione digitale o per proteggere i sistemi dagli attacchi della cyber criminalità, è difficile mantenere tassi di rendimento del capitale che siano attraenti per gli investitori. Il problema è reso più complesso dalla mancata riduzione del costo del capitale, nonostante la regolamentazione più stringente e il calo dei tassi di interesse. In questo contesto, il sistema bancario si sta inevitabilmente concentrando sulla riduzione dei costi e la ridefinizione del perimetro di attività, focalizzandosi su quelle più redditizie ma che non sono necessariamente quelle che nell’immediato forniscono maggior sostegno alla ripresa economica. Il completamento dell’Unione bancaria richiede un rafforzamento del secondo pilastro e la realizzazione del terzo. Quest’ultimo rappresenta l’aspetto più critico. Un sistema di garanzia unica dei depositi consentirebbe in effetti di isolare il sistema bancario da eventuali effetti di contagio dopo uno shock asimmetrico, che potrebbe colpire un istituto o un Paese. Un tale sistema rappresenterebbe, d’altra parte, un importante meccanismo di trasferimento di risorse all’interno dell’Unione. Come in tutti i sistemi assicurativi, è necessario creare meccanismi che incentivino comportamenti virtuosi ed evitino l’azzardo morale. Dato che ancora molti fattori che incidono sulla solvibilità delle banche dipendono da decisioni nazionali, è essenziale ridurre la vulnerabilità del sistema a comportamenti potenzialmente devianti, soprattutto per quel che riguarda la finanza pubblica.

Uno dei punti in discussione nei lavori preparatori al sistema di garanzia unica riguarda la possibilità di proteggere il sistema bancario da rischi derivanti dalle finanze pubbliche dei rispettivi Paesi. In effetti, se la solidità del sistema bancario di un Paese è in qualche modo protetto dal sistema di garanzia unica europea, alla quale contribuiscono anche gli altri, si deve al contempo evitare che esso sia esposto in modo eccessivo in titoli di stato del proprio Paese, almeno finché la politica di bilancio rimane una prerogativa nazionale. Nella situazione attuale, i titoli di stato detenuti dalle banche hanno la stessa ponderazione, in termini di rischio, e dunque di utilizzo di capitale, indipendentemente dal rischio effettivo del titolo di stato.

Questo è il caso di tutti i titoli pubblici nel sistema della regolamentazione internazionale.

Cambiare un tale sistema rischierebbe di penalizzare le banche europee.

D’altra parte si potrebbe pensare a un limite alla concentrazione sul portafoglio delle banche, non troppo stringente, mirato a evitare una esposizione eccessiva, oltre al quale potrebbe scattare un sistema di ponderazione crescente. Sarebbe peraltro desiderabile ottenere questo risultato senza aumentare i requisiti di capitale complessivi delle banche, compensando eventualmente tale misura con una riduzione del rischio scontato nei confronti dei prestiti alle imprese, in particolare quelle medio-piccole.

Sono in discussione anche altri aspetti connessi all’Unione bancaria, che potrebbero essere modificati per accomodare l’istituzione di un sistema di garanzia dei depositi unica. La Commissione europea ha presentato una sua proposta di attuazione graduale, che passa attraverso una sistema di riassicurazione, stabilendo una forma di franchigia nazionale.

I lavori sono in corso. Sui tempi c’è molta incertezza. La speranza è che si possa arrivare a una soluzione prima – e senza che ci sia bisogno – di una nuova crisi.

Video completo dell'evento

Andrea Sironi

Lorenzo Cuocolo

Lorenzo Bini Smaghi

Marcella Boroli

Mario Monti

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